Eneide

L'Eneide è un grande, grandissimo abbozzo incompiuto, e il suo autore, Publio Virgilio Marone, avrebbe voluto che fosse distrutta. Continuò a lavorarci, comunque, sino all'ultimo, e fu proprio durante un'ispezione in Grecia, nei luoghi che aveva fatto toccare a Enea per rispetto alle leggende, che Virgilio si ammalò, e Ottaviano, che tornava a Roma dall'Oriente, lo ricondusse in Italia. Morì a Brindisi nel settembre del 19 a.C. e venne sepolto nella tanto amata Napoli. Virgilio aveva cominciato a pensare a un poema italico e romano in un momento di particolare esultanza: nel 31 a.C., quando la vittoria di Ottaviano ad Azio faceva nutrir più fiducia nell'avvento definitivo della pace. Italico e romano significavano senz'altro, per Virgilio, augusteo, dato che proprio l'anno in cui l'ambizioso progetto venne concepito Ottaviano era stato nominato Augustus dal Senato romano. Un poema augusteo in netta contrapposizione con quelli omerici: sei libri per narrare il viaggio del pio Enea da Troia distrutta all'Italia, a fronteggiar l'Odissea, e sei libri per narrare la conquista del Lazio da parte del pio Enea, a fronteggiar l'Iliade. Omero, o chi per lui, non fu, però, l'autore di cui Virgilio tenne più conto. La sua straordinaria cultura gli fece porre accanto a Omero un'infinità d'autori, da Euripide a Ennio, ad Apollonio Rodio, a Catullo, a Lucrezio e tanti altri in una mirabile sintesi di stile epico. Ma l'Eneide per lui restava incompiuta. E non risolto interamente gli appariva il protagonista: di qui il desiderio che il manoscritto fosse distrutto. Ma Ottaviano ordinò che fosse salvato e pubblicato. Fu la ragion di stato, insomma, a conservarci il poema.
Poesia
Virgilio Marone Publio
Einaudi
Braille e Edizione per ipovedenti
2003
5
764
Opera in prestito, Opera in vendita