Mussolini socialfascista

Mussolini e il fascismo si collocano nell'ondata autoritaria, antidemocratica che travolge l'Europa negli anni venti; ma sono anche la risposta quasi obbligata all'impasse di un rivoluzionarismo immaturo e di un liberalismo incapace di rinnovamento. Mussolini intuisce fra i primi la nascita dello stato di massa e guida la rivoluzione antiborghese dei piccolo borghesi, ricompone l'Italia delle fazioni con la rivoluzione nazionale. Il fascismo e il suo esito sono discutibili e condannabili, ma in esso e in Mussolini c'è qualcosa che fa parte della cultura e dei vizi della nazione, qualcosa che è comune ai rivoluzionari socialisti e comunisti, figli della stessa cultura autoritaria, allievi anch'essi di Sorel e di Labriola, profondamente antidemocratici, fiduciosi nella violenza risolutrice e purificatrice, persuasi che si possa costruire, con la violenza, l'uomo nuovo. In questo senso il vero anti Mussolini non è né Gramsci né Nenni, ma l'indifeso Gobetti. Con questa tesi Bocca non si allinea alla storiografia revisionista che vede nel fascismo il «socialismo possibile». Toglie però il fascismo dalle categorie demoniache per ricollocarlo fra le rivoluzioni antiborghesi guidate da borghesi, fra le dittature autoritarie tipiche dei periodi di transizione; diversissime dai regimi totalitari e dal loro sovversivismo totale. La funzione della dittatura autoritaria si esaurisce negli anni trenta e il fascismo si degrada a imperialismo straccione; il Mussolini della decadenza è incapace di resistere alle minacce e alle tentazioni del militarismo nazista, il debole riformismo corporativo fallisce. Ma il fascismo resta «storia di famiglia», si riallaccia al prima e al dopo, e sono le sue stesse deficienze sovversive a consentire il ritorno alla democrazia, senza i traumi spaventosi lasciati dal nazismo e fuori dalla perdurante schiavitù del sovietismo.
Bocca Giorgio
Garzanti
Braille e Edizione per ipovedenti
1983
2
274
Opera in prestito, Opera in vendita